Testo di Dario Pedrotti
Foto © organizzazione
A volte è necessaria una chiave per penetrare nei segreti di una storia. Per trovare la chiave dell’Ultra Tour del Monte Rosa basta chiedere ad uno qualsiasi dei volontari o delle volontarie che animano l’organizzazione dell’evento: l’anima di tutto questo è Lizzy, la gara è come è lei. Se ti accontenti di sapere che Lizzy Hawker è una che ha vinto 5 volte l’Ultra Trail del Monte Bianco e ti presenti in partenza con la convinzione che saranno 170 km di forestali scorrevoli e ristori con la musica, finisci malissimo. E quando con tutti i muscoli ormai andati, starai ingannando il tempo prima dell’arrivo di una delle navette per i ritirati, ti pentirai di non aver letto prima per bene la pagina di Wikipedia su Lizzy, che ricorda anche come abbia battuto un paio di volte il record sulle 199 miglia che separano il Campo Base Sud dell’Everest e Katmandu. Non esattamente un posto da forestali scorrevoli e ristori con la musica.
Quando ho guardato per la prima volta il sito della UTMR, dopo essermi lasciato rapire dalla bellezza delle fotografie e dei filmati, ho pensato che i testi, come spesso succede, li avesse scritti il creativo di turno. Mi sembrava plausibile che la gara fosse davvero nata perché Lizzy Hawker volesse far provare ad altri i terreni su cui si era allenata con tanto profitto per l’UTMB, improbabile che lei avesse davvero dichiarato che la gara è “bold, brutal, beautiful”. Dopo aver corso quella gara, sono convinto che o il creativo di turno era un genio, o erano davvero parole sue.
L’edizione 2023, partita il 7 settembre da Grächen, Canton Vallese della Svizzera, ha presentato prima di tutto il suo lato “beautiful”, con un cielo terso oltre ogni limite e una temperatura perfetta per correre. I primi 80 km fino a Gressoney sono sembrati semplicemente magici, con il Cervino e molte altre cime circostanti a rivaleggiare con il Monte Rosa per il titolo di “più bello del reame”. Quei 1800 m D+ fino ai 3.324 metri del Passo del Teodulo, che avrebbero dovuto sulla carta sfiancare atleti e atlete, sono stati una festa, proseguita sull’incredibile altopiano ad est di Cervinia e nelle lunghe discese verso la Val d’Ayas prima, e la Valle di Gressoney poi.
È stato lì, dove era posta la seconda base vita, che per molti e molte concorrenti è scesa la notte in tutti i sensi, e l’UTMR ha svelato il suo lato “brutal” con la micidiale successione Passo Salati (1.300 m D+ e 1.900 m D-) - Colle del Turlo (1.800 m D+ e 1.500 m D-) - Monte Moro (1.500 m D+ e 1.100 m D-).
Per quanto riguarda me, il primo è stato un calvario sul quale l’oscurità mi impediva di aggrapparmi a qualsiasi appiglio che non fosse nel profondo di me stesso, dove però non ce n’erano. A salvarmi è stata prima la cocciutaggine acquisita in anni di lunghe corse in montagna; poi il rifugio appollaiato proprio sul passo, che mi ha accolto, zombie fra gli zombies, fino a che il mio cervello non ha accettato di prendere in considerazione l’idea di ripartire; infine una sorta di “quando è troppo è troppo”. Sul finire dei 1900 metri di discesa, mentre il fondo del sentiero era diventato ancora più infame di quanto non lo fosse stato fino a lì, e la notte non accennava ad abdicare, quello verso Alagna ha smesso di essere un interminabile sentiero orribile, per trasfigurarsi dentro di me in una sorta di Moloch responsabile di tutte le sofferenze passate, presenti e future, mie e del mondo. Quella determinazione assoluta ad arrivare in fondo che si è impadronita di me, non era lì per proseguire una gara, era lì per sconfiggere il Male. E ci è riuscita.
Il Colle del Turlo al confronto è stato quasi una passeggiata, sospinta dalla luce del giorno che nasceva e da un incredibile tuffo capovolto nelle nuvole, che prima erano un coperchio di ovatta sopra la mia testa, e poi sono diventate un mare di zucchero filato sotto i miei piedi. La vista della pianura Padana coperta di bianco fino all’orizzonte, mentre io e tutte le cime circostanti affogavamo nell’azzurro di un’altra giornata limpidissima, mi ha permesso di riuscire quasi a godere i 15 km di discesa fino a Macugnaga, su un fondo per me impossibile da correre.
Il Monte Moro infine l’ho vissuto come una salita all’Olimpo, convinto com’ero che fosse l’ultima salita seria, dalla quale sarei poi riuscito a tornare al mio hotel di Grächen ad un’ora adeguata a godermi una Intera Notte di Sonno in un Vero Letto (che a quel punto, attorno alla mia 38esima ora di gara con meno di un’ora di sonno nel cervello, mi sembrava il più desiderabile dei tesori). La cima, avvolta da un cielo se possibile ancora più azzurro e limpido di quello che mi aveva commosso al mattino, era davvero bella come l’Olimpo, ma le mie aspettative sulla I.N.d.S.i.u.V.L. erano destinate ad andare deluse. Molto deluse.
Perché ha quel punto la UTMR ha sfoderato la carta “bold”, e mi ha steso. La versione italiana del sito della gara, traduce questa parola con “gravoso”, i vocabolari parlano di “audace”, “coraggioso”, “ardito”, sfacciato”, “fiero”, “baldanzoso”. I comuni mortali la conoscono per via del “grassetto” dei programmi di scrittura, e si aspettano qualcosa di “grosso” e “vistoso”. Magari non sarà linguisticamente corretto, ma nella mia testa, nelle lunghissime ore della seconda notte di gara, rimbombava la parola “esasperante”.
Già arrivare al penultimo ristoro di Sass Fee, costretti dalle pendenze molto più gentili di quelle incontrate fin lì a correre sia prima sia dopo il lago artificiale di Mattmark e le sue cento cascate affluenti, non era stato banale, con 140 ore nelle gambe, ma poi è stato il momento di Sisifo. Lui era quello che si era comportato male ed era stato condannato da Zeuss a spingere per tutta l’eternità un masso, che una volta arrivato in cima ad un monte, sarebbe rotolato nuovamente a valle. Io, che di essermi comportato male non mi era sembrato, mi sono ritrovato a percorrere decine di valloni identici, convinto ogni volta che fosse l’ultimo prima di completare la circumnavigazione della propaggine più a nord del massiccio del Monte Rosa, e di ripiegare verso Grächen, e ritrovandomene sempre uno nuovo davanti. Con le aggravanti di un sentiero infame sul bordo del nulla che richiedeva una attenzione spasmodica, di un misterioso attacco di asma che mi rallentava ulteriormente, di varie pietraie impercorribili a condire il tracciato, di una salitella severa in fondo ad ogni vallone ed una discesina infida al principio di quello successivo (che sommate avevano fatto 1500 m D+ e D- in 20 km), di un sonno micidiale che mi costringeva ogni ora e mezza scarsa ad inventarmi un luogo adatto ad un microsonno, incartato alla bell’e meglio nel telo termico di emergenza.
Erano poco più delle quattro e mezza della mia seconda notte di gara, quando l’ultimo vallone ha deciso di essere davvero l’ultimo, e poco dopo è apparso l’incomprensibile ristoro di Hannigalp, posto a 3,8 km, tutti in discesa, dall’arrivo. Al ristoro non mi sono fermato, ma il mio animo si è ristorato parecchio comunque, perché da lì alla fine ho ricominciato a correre come due giorni prima, miracolosamente guarito dall’asma e perfettamente sveglio.
Come spesso mi accade, all’arrivo, alle cinque e mezzo del mattino, non c’era esattamente il pubblico delle grandi occasioni, ma mettermi al collo la sciarpetta tibetana rossa, destinata ai finisher della 170 km, è stato decisamente appagante.
L’Ultra Tour del Monte Rosa è una gara “bold”, brutale e meravigliosa, assolutamente da correre per chi soffre di Mal di Tor o di patologie analoghe. Naturalmente non è affatto una cura, ma un modo per aggravarle, immergendosi per qualche giorno e qualche notte in quel profumo e in quei colori di Alpi Occidentali sul fare dell’autunno, che dopo averli gustati non puoi più dimenticare. Per fortuna.
170 km Ultra Tour Monte Rosa
Uomini
1° Marián Priadka - Slovacchia - 29:28:16
2° Vincent Chessex - Svizzera - 31:43:10
3° Anze Sobocan - Slovenia - 32:54:41
Donne
1° Vilde Rieker - Norvegia - 40:38:04
2° Justyna Witek - Polonia - 41:53:25
3° Dalene Van Staden - Sud Africa - 44:05:18
UTMR Stage Race
Uomini
1° Gay-Hugues Flo - Francia - 23:00:36
2° Martin Kaschmann - Germania - 23:03:36
3° Antoine Groheux - Slovacchia - 23:16:45
Donne
1° Lindsay Allison - USA - 25:50:12
2° Isabella Poulos - USA - 26:51:48
3° Agnes Rochas - Francia - 27:20:20
Mischabel 100 km
Uomini
1° Fabien Daviaud - Francia - 17:05:51
2° Adrian Rott - Germania - 17:53:26
3° Roman Trtek - Slovacchia - 18:32:57
Donne
1° Anita Rai - Nepal - 18:49:35
2° Annalisa Giovanna Faravelli - Italia - 19:09:44
3° Anette Jonsson - Svezia - 20:59:28
Mischabel 60 km
Uomini
1° Manuel Sprenger - Svizzera - 08:49:50
2° Jack Mcatear - Gran Bretagna - 09:21:20
3° Dave Thorp - Gran Bretagna - 09:27:48
Donne
1° Carlota Corbella - Spagna - 10:11:29
2° Jessica Collentine - USA - 10:20:14
3° Sarah Lahaye - USA - 11:21:32
UTMR Grächen Berglauf
Uomini
1° Robert Waddy - Gran Bretagna 01:49:45
2° Louis Gruber - Svizzera 02:07:59
3° Robert Beddow - Olanda 02:14:16
Donne
1° Jacqueline Schnidrig - Svizzera - 02:51:46
2° Sally Wyatt - Gran Bretagna - 03:09:09
3° Laura Twigg - Gran Bretagna - 03:11:09