Western States Endurance Run '18 - Preview

di Davide Grazielli

 

Giugno, primi caldi: c’è chi sogna di stare sulla sdraio con un mojito e la brezza marina che accarezza le pagine di un libro abbandonato, e chi sogna invece di trascinarsi in 42 gradi di puro inferno cercando di mandare giù l’ennesimo gel senza vomitarsi sugli shorts salendo a Devil’s Thumb.

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A me, mettetemi tra i secondi. Tutta la vita. E per celebrare a dovere la più vecchia, prestigiosa, affascinante, polverosa, calda cento miglia al mondo, ecco le nostre preview della Western States 2018. It’s Statemas again!

Iniziamo dicendo che i vincitori 2017 Ryan Sandes e Cat Bradley non saranno al via. Ryan era previsto (farà da pacer a Francois D’Haene), la Bradley meno, nel senso che si è tirata indietro ad inizio mese a causa dei postumi di un infortunio. Ma questo non rende la gara meno interessante, perché i nomi sono tanti.

 

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Partendo da tre ex vincitrici: se Pam Smith ha pubblicamente annunciato che correrà per onor di firma a causa di un infortunio ad un tendine che andrà operato post WS, Kaci Lickteig e Stephanie Howe sono due ottime indiziate. Kaci è rientrata abbastanza in fretta da una frattura da stress che ad inizio anno l’aveva costretta a restare ferma. Lo scorso anno aveva avuto da Robinson Flat in poi una giornata negativa, finendo comunque la gara. Poi, anche all’UTMB aveva abbastanza deluso. Difficile dire in che condizione arriva, ma è sempre un osso duro. La Howe anche ha avuto una WS ed un UTMB sotto tono nel 2017. Però ha chiuso l’anno bene alla TNF 50 per poi concentrarsi decisamente sulla WS e concedersi lunghi allenamenti sul percorso con The Queen, Meghan Law. Io la vedo molto, molto bene, e sarà probabilmente l’avversaria numero uno della vera indiziata alla vittoria, Courtney Dauwalter. Con il forfait della Herron, resta lei la vera indiziata. Virtualmente imbattuta su distanze che variano dalle 50 miglia alla 24 ore (e oltre con le 200 miglia), bisognerà vedere come si adatterà ad una gara comunque tattica. Ma ha tutte le luci puntate addosso perché al momento è la numero 1.

Di ritorno dalla top ten 2017 c’è qualche ragazza che vorrebbe dimostrare di valere qualcosa di più, e che probabilmente rischierà qualcosina. A partire da Kaytlyn Gerbin, che con il 10 posto ai Mondiali ha dimostrato di essere a livello delle migliori. Quarta l’anno scorso, ma in tanti si sono chiesti come sarebbe andata se avesse rischiato qualcosa di più sul Cal Loop ed avesse agganciato Stanley e Boulet. Idem per Amanda Basham, quarta nel 2016. Anche lei sa bene cosa l’aspetterà, e fino ad ora ha avuto un 2018 esemplare. Fiona Hayvice, quinta nel 2018, aveva impressionato per regolarità: chissà se saprà ripetersi e se la strategia attendista pagherà come al solito alla WS.

Potrebbe non bastare perché ci sono tante nuove leve che alzeranno sicuramente il ritmo da subito: Camelia Mayfield o Alisa MacDonald (l’unica che ha battutto, e sonoramente, la Dauwalter a Black Canyon) sono veloci, Lucy Bartholomew è un mese che prova percorso e strategie, la nostra Cecilia Flori ha dimostrato in diversi eventi UTWT di valere le migliori. Facile che animino la gara dalle prime battute.

Chi invece resterà coperta e lascerà fare sarà Meghan Law, aka The Queen. 57 anni e abbastanza esperienza alla WS da scriverci un’enciclopedia. Come lei, altre due veterane aspetteranno, ben sapendo che la strada è lunga: Nicole Kalogeropoulos, due volte F10 e soprattutto Aliza Lapierre, che secondo me è una delle candidate a scombinare i piani di tutte quante. Sa bene come si fa, e quest’anno sembra in forma clamorosa. Cinque volte finisher, quattro nella F10. Occhio.

Ci giochiamo un nome poco atteso? Mari Mauland dalla Norvegia ma vive in UK. L’incognita è il caldo, perché la velocità c’è. Vedremo.

 

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Questione complicata anche tra gli uomini, dove la gara vivrà principalmente del duello Coconino Cowboys – Resto del Mondo.

L’hanno dichiarato, con una sfrontatezza che forse male si sposa con il compassato ambiente trail, ma va dato loro atto che hanno mantenuto fede alle aspettative. Volevano arrivare in cinque a Squaw Valley per il Coconino Jamboree, e così è stato. Anche se Jared Hazen deve alzare bandiera bianca ancora prima di partire, vittima delle sue settimane da 200 e passa chilometri. Ed era probabilmente il cowboy più attendibile, visto che aveva già fatto qui un terzo posto.

 

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Gli occhi di tutti saranno su Jim Walmsley, atteso questa volta alla performance capace di spazzare via ogni dubbio. Dice che partirà più tranquillo, che cerceherà di portarsi dietro Francois e gli altri per farli stare ad una “suicide pace”, che gestirà la gara. Ma tanto non ci crede nessuno. Partirà a tuono ed arriverà dove il suo corpo crollerà: potrebbe essere Foresthill, potrebbe essere il fiume, potrebbe essere un metro dopo l’arrivo. Ed in quel caso, molto probabilmente avremo il nuovo record del percorso. Il secondo cowboy che potrebbe fare il botto, è Tim Freriks, che per certi versi è il più talentuoso dei cinque, forse anche più di Jim. Ma la grandissima incognita per lui è la distanza. Stesso discorso per Cody Reed, che comunque è un bel gradino sotto agli altri due, e fatica a gestire la distanza. Vai a vedere che la vera sorpresa non possa essere il più sottovalutato dei Coconino, il buon Eric Senseman.

Gli altri li guida con il suo sorriso disarmante Francois D’Haene, che è la nemesi dei Coconino. Umile, affabile, poco mediatico e con in bacheca gran trofei invece che foto e video iperprodotti. Può farcela in una gara che sembrerebbe non adattarsi alle sue caratteristiche? Si, Francois può questo ed altro. Certo, non potrà farsi la sua gara come all’UTMB, sicuro di poter andare via quando vuole. Ma è troppo preciso per fare le cose a caso, ed ha in Ryan Sandes un pacer eccezionale.

Gli altri: partiamo da Mario Mendoza, che non è più lo speedster imberbe di due anni fa. Ha fatto esperienza, fino ai 100 km si è dimostrato valido e sa che questa volta non può fallire. Primo a Bandera, terzo a Lake Sonoma e sesto ai Mondiali: e ora? Podio?

Se guardiamo invece alle vecchie volpi, beh qui materiale ce n’è a bizzeffe. Jeff Browning, terzo e quarto negli ultimi due anni con due gare da manuale è una garanzia assoluta, ma vogliamo parlare di Mr Heat Training Ian Sharman? Otto volte consecutive negli M10: qualcuno pensa seriamente che quest’anno non ci finisca di nuovo? Ian dice da sempre che aspetta la giornata perfetta alla WS, quella che ancora non ha avuto. Se il 2018 è l’anno giusto, diventa candidato a podio e se le condizioni saranno dure come sembra, anche alla vittoria. Altri aficionados alla M10: Paul Giblin, che però quest’anno sembra meno decisivo, Jesse Haynes (che andrà per il double WS/HR), Kyle Pietari e Mark Hammond, che l’anno scorso è salito alla ribalta con il terzo posto. Tutti nomi pesanti e consistenti che faranno gruppo a giocarsi le prime dieci posizioni.

Tra gli europei non va sottovalutato Didrik Hermansen, che nel 2016 aveva fatto un fantastico secondo posto, ma anche Clavery potrebbe aver fatto tesoro dell’esperienza dello scorso anno dopo che si era spento alla distanza. Bella scommessa potrebbe essere Florian Neuschwander: veloce e preparato, chissà se si troverà a suo agio sui sentieri californiani.

Nome sorpresa anche tra gli uomini? Io mi gioco il compagno di team del nostro Rick Tortini, Kris Brown: conosce la distanza, va forte e non ha addosso l’attenzione morbosa di nessuno. Andrà distante. Mi attira anche Devon Olson, ma è incostante al massimo.

E poi, menzione doverosa per King Karl Meltzer: Speedgoat va all’attacco del record over 50.

 

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Le previsioni danno i soliti 40-42 gradi, ma quest’anno percorso pulito da neve e fango: quindi gara veloce da subito ed aspettiamoci parecchie esplosioni. Partenza sabato alle 5:00 am (pomeriggio italico), gara da seguire su www.ultralive.net o grazie agli aggiornamenti che anche noi faremo durante la lunga gionata LUT/WS.

 

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