Dopo quattro giorni di pioggia il sole splende in un cielo azzurro con poche nubi.
La luce dorata dà risalto ai colori autunnali e l'aria è mite.
Dovrei essere felice di andare finalmente a correre con una così bella giornata. E invece sono triste e piango.
Non piango la morte di un amico o di un parente, ma piango per le mie montagne ferite. Piango per i boschi divelti, piango per le migliaia di abeti sradicati che ora stanno accasciati come enormi stuzzicadenti rovesciati.
Mentre eravamo al sicuro delle nostre case a leggere gli aggiornamenti in diretta sull'allerta meteo, mentre i nostri figli erano a casa da scuola a giocare allegri, un cataclisma ha sconvolto le nostre montagne e le ha colpite con una forza inimmaginabile, che fa paura. Incomprensibile e inaccettabile.
E ora il mio bosco non c'è più. È volato via. E con lui un pezzo di me.
Dovrei essere felice in questa bella giornata di sole, dovrei postare cose allegre, o articoli interessanti, parlare di allenamento o di nuove avventure.
Dovrei invitare i lettori a sognare obiettivi sportivi. Dovrei suggerire illusioni di felicità. Ma non ci riesco perché è morto un pezzo di me, un pezzo di noi.
Tu che ami la montagna, piangi con me oggi, siamo in due, in tre... Siamo in tanti.
In tanti ci rendiamo conto che abbiamo imboccato una strada senza uscita, un vicolo cieco, pericoloso e spaventoso. E questo purtroppo è solo l'inizio.