testo e intervista di Maurizio Scilla
La Valle d’Aosta è terreno ideale per stabilire record importanti, come quelli famosissimidel monte Bianco, del Cervino e del Monte Rosa.
Facciamo un passo indietro nel tempo, era il 1988 quando Valerio Bertoglio partendo da Gressoney La Trinité raggiunse la vetta del Monte Rosa in 4 ore e finì con il tempo di 5h29’33”. Passarono nove anni e il record passò nelle mani del valdostano Bruno Brunod, il simbolo dello skyrunning, che transitò alla Capanna Margherita in 3h05’ e chiuse la sua fatica a Gressoney in 4h45’, un tempo da allora mai più ritoccato!
Mentre il record dal versante di Alagna è nelle mani del valtellinese Marco De Gasperi, 3h10’ il suo crono in salita e 4h20’ il tempo totale impiegato per ritornare a Alagna.
Ma ritorniamo ai giorni nostri per raccontare dell’impresa appena siglata da Franco Collé atleta valdostano del team Karpos/HOKA ONE ONE.
Partito alle 4.30 dai 1635 m di Gressoney La Trinité, per passare poi al Rifugio Mantova, alla Capanna Gnifetti e al Colle del Lys, prima di raggiungere la Capanna Margherita. In vetta aveva 4’ di ritardo sul record del ‘97 di Bruno Brunod, ma in discesa il gressonaro si è scatenato e ha fatto ritorno in paese, dopo quasi 31 km, in 4h30’45”.
Un’altra pagina della storia dello skyrunning è stata scritta. E per l’occasione abbiamo raccolto una testimonianza esclusiva: Franco Collé ci racconta il record.
Franco, quali sono le caratteristiche del percorso?
Sono molto varie perché si passa dalla prima parte tutta su strada asfaltata a Gressoney La Trinité, seguita da un classico sentiero tipico da trail running, poi morene, pietraie e i primi nevai e poi il ghiacciaio che può presentare tantissime insidie, crepacci, una neve molto compatta e bella simile a quella dei Winter Trail, ma anche polverosa come quella che ho trovato in alta quota, dove si sprofondava parecchio. Quindi direi che ce n’è per tutti i gusti in un’impresa del genere.
Che materiale hai usato?
Sono stato fortunato perché le temperature erano abbastanza calde. Ho usato un classico zainetto da trail running, pantaloni lunghi, maglietta maniche lunghe e un’altra a maniche corte sopra, avevo comunque nello zaino la giacca ma non l’ho mai messa, come buff, il cappellino e guanti. Ho patito un po’ il freddo nel tratto da 4300 m fino alla Capanna Margherita e ritorno, ma son riuscito a non mettere i guanti per guadagnare tempo.
Quanto è grande l'emozione e la soddisfazione per aver battuto un record storico tra l'altro di un amico come Bruno Brunod?
L’emozione è grandissima, non è il Monte Bianco o il Cervino ma è la mia montagna di casa. Ricordo con emozione di quando sono arrivato per la prima volta alla Capanna Margherita nel 1999, il simbolo del paese dove vivo. Io mi sarei accontentato anche di avvicinare il tempo di Bruno, o di di campioni come Meraldi e De Gasperi. Batterlo è qualcosa di unico, non riesco a trovare le parole per spiegare le emozioni che ho provato. È qualcosa che mi ricorderò per sempre. La scorsa settimana ero per sentieri con Bruno e mi ha detto che il giorno che avessi battuto il suo record avrebbe dovuto essere il primo a saperlo e mai avrei pensato che la settimana dopo l’avrei battuto perché è stato improvvisato. Il giorno prima ho visto che le condizioni c’erano e ho detto a Giuditta “Vorrei provare il record del Rosa”. In questo mese mi sono allenato bene, ho fatto anche tanta quota, pensavo di avvicinarmi a Bruno ma non a batterlo. Strada facendo ho capito che avevo infilato una di quelle giornate che stai da Dio, che tutto ti viene facile, guardavo il crono e vedevo che stavo facendo dei tempi di gran lunga inferiori a quelli che faccio in allenamento anche a ritmi veloci.
Da quanto tempo pensavi a questo record?
Erano tre anni che ci pensavo. Tre anni fa con Tadei Pivk siamo rimasti in quota due settimane, avevamo messo le corde fisse, poi il giorno che dovevamo tentare l’impresa le temperature troppo elevate non avevano permesso il rigelo notturno ed era saltato tutto. Allora quest’anno ho pensato di improvvisare. Tu mi conosci bene, sono un ingegnere molto meticoloso, per ogni impresa mi metto a studiare i minimi dettagli, preparo gli schemini, invece questa è venuta fuori così e forse è stata ancor più bella. Tieni conto che non avevo neanche assistenza sul percorso perché Giudy e suo papà erano indaffarati a fare le riprese con il drone e da terra. Io avevo un gel nello zaino e niente liquidi, loro avevano una borraccia a testa ma loro erano così presi dalle riprese e io dall’adrenalina, che ci siamo dimenticati delle borracce e così non ho bevuto neanche un goccio d’acqua. Ho mangiato il gel in discesa prima del Rifugio Mantova, più che altro perché ho visto che era su “tempi record” e avevo paura di un calo energetico. Questo record l’ho condiviso con la mia famiglia, perché in piazza c’erano mamma e papà che non sapevano nulla ma sono stati avvertiti da Giuditta mentre scendevo.