The Big Dance

A cura di Davide Grazelli

Intervista a Craig Thornley

 

Arriva l'estate, è tempo negli States delle grandi classiche. Si inizia questo mese con la Western States, “the big dance” come viene chiamata oltreoceano. Abbiamo fatto una chiacchierata con il race director Craig Thornley per farci raccontare qualcosa della più antica 100 miglia al mondo.

 

ST: Questo è il tuo terzo anno come race director della Western States...

CT: Secondo!

ST: Ok, nel 2012 assistevi comunque Greg Soderlund.

CT: Sì, un anno con Greg e l'anno scorso il primo da solo.

ST: Ti sei fatto quindi una certa esperienza: era quello che ti aspettavi quando hai accettato il posto?

CT: Ah, in realtà è molto più grande, ci sono molte più componenti in movimento di quanto pensassi.
L'organizzazione è decisamente cresciuta, la gara ha avuto una lottery di entrata dalla metà degli anni '80, ma non erano i 2.700 per 270 posti dell'anno scorso! La richiesta ha decisamente passato la disponibilità reale e abbiamo dovuto cambiare la formula...
Ma altre cose come l'inclusione nell'Ultra Trail World Tour, hanno aumentato la mole di lavoro. Lo scorso anno, specialmente, è stato molto complicato.
Credo ci vorranno circa due anni per organizzare la struttura in maniera che si possa muovere in maniera autonoma.

ST: Credo che il compito più difficile sia bilanciare l'alone di tradizione che la manifestazione si porta dietro con l'esigenza di modernizzare e tenere la gara a un alto livello, anche dal punto di vista competitivo.

CT: Assolutamente. A volte chiedo ai miei collaboratori: perché facciamo così? E la risposta spesso è: perché abbiamo sempre fatto così! E se non c'è una buona ragione, le cose non si cambiano, ma allo stesso tempo dobbiamo tenerci al passo con i tempi, specialmente con gli esempi che l'Europa porta. Non è facile, ti confesso che qualcuno dei miei collaboratori ha decisamente i piedi cementati nel passato (risate) È un mondo diverso là fuori, ora.
Prendi ad esempio il cambio negli eventi qualificanti: abbiamo escluso le 50 miglia ed era una mossa ovvia, ma è passata con difficoltà.

ST: L'entrata nell'UTWT è da guardare sotto quest'ottica di modernizzare, entrando anche in contatto con gare differenti?

CT: Volevamo essere parte di un organismo che definirà i valori del nostro sport nel futuro, e portare i nostri valori per aiutare altre organizzazioni e altre gare. E pensiamo di poter imparare molto dagli altri, specie dall'UTMB in tema di marketing e soprattutto di rapporti con i media.

ST: Beh, in Europa la portata della gara francese è davvero straripante.
Tu hai corso la WS otto volte, se non sbaglio...

CT: Sì, corsa e finita otto volte, ma ne ho preparate dieci: nel 2006 mi sono fatto male venti giorni prima della gara e nel 2008 la gara fu cancellata per gli incendi. Mi sa che rimarrò fermo a otto per un po', anche se arrivare a dieci è sempre stato il mio sogno.

ST: Qual'è la tua parte preferita del percorso?

CT: Beh, penso i canyons (la parte da Last Chanche a Bath Road ndr), sia a Deadwood che a Michigan Bluff c'è molta storia, i minatori percorrevano i canyons molto prima dei cavalli o dei runners, è una cosa molto emozionante e se arrivi a quel punto abbastanza lucido, te ne rendi subito conto. Ma anche la parte da Green Gate all'arrivo: ho vissuto vicino al miglio 85 del percorso per anni, per cui ho passato molto tempo su quei sentieri e ho molte ricordi legati a quel posto.

ST: Quindi sei originario della zona? Credevo fossi nativo dell'Oregon!

CT: Sì, sono di Cool, stavo a un miglio dalla Aid Station di Auburn Lake Trail. I miei genitori vivevano lì, e lì ho scoperto dell'esistenza della gara nel 1978: passavo nella zona dei laghetti e ho visto tutta questa gente alla AS. Non sapevo chi aspettassero e cosa fosse la gara, ma una volta chiesto, io e mio fratello abbiamo atteso per tutta la notte che passassero i runners .

ST: In tutti questi anni da volontario, runner, crew e poi da race director, quali dei runners che hai visto pensi che impersonifichino davvero lo spirito della WS?

CT: Beh, penso che ci sia una sola risposta: Tim Twietmeyer. venticinque volte finisher sotto le ventiquattro ore, quindici volte consecutive nei top ten, ha tre figli, una carriera professionale, ma vive e respira per la WS. Ora è nel Board of Directors e non credo che nessuno arriverà mai a scalfire l'influenza che ha avuto su questa gara. È ancora lì ogni anno a lavorare sui sentieri e probabilmente presto diventerà responsabile di una Aid Station.
Sai, mi piacciono i ragazzi veloci che arrivano, corrono al massimo e tirano fuori delle performance incredibili. Ma uno normale, con un lavoro e una famiglia che riesce a mantenere un livello così alto e che in qualche modo dà così tanto indietro allo sport, beh, è da ammirare. Quindi Tim Twietmeyer, senza dubbio.

ST: Parlando di prestazioni, cosa ne pensi della nuova generazione di runners che vengono dalla pista del college e poi alla maratona. Quest'anno grazie alle gare della Montrail Ultra Cup alla WS ci saranno David Laney, Alex Varner, Sally McRae e lo stesso Max King. Pensi possano comunque fare bene in una 100 miglia impegnativa come la WS, anche senza esperienza specifica?

CT: Rob Krar l'anno scorso è arrivato senza esperienza e ha corso una gara fantastica, non penso si possa escludere nessuno di loro dai favoriti. Sono ragazzi che se comunque fanno i “compiti”, saranno pericolosi. David Laney sta provando molto il percorso, due mesi fa stavo correndo a Placer High (la pista del college dove arriva la gara ndr) e l'ho incontrato che stava recuperando da una lunga uscita. Se rispettano la distanza, se rispettano le condizioni ambientali, se rispettano le lunghe discese, non puoi trascurarli. Sono ragazzi a cui piace correre, e piace correre veloce. Cameron Clayton l'anno scorso aveva forse sottovalutato alcuni punti...

ST: L'ho intervistato il mese scorso, e mi ha detto che per quest'anno lascerà perdere le 100 miglia.

CT: (risate) Beh, se lo paragoni a Rob Krar, lui ha avuto un approccio diverso e risultati diversi. Ma non mi fraintendere, è stato comunque molto eccitante vederlo partire con un target così difficile. Ha reso la gara veramente emozionante da subito.

ST: Mi hai detto che stai facendo workout in pista.

CT: Sì, vado una volta alla settimana almeno.

ST: Non sarà mica per sfidare nuovamente AJW sul miglio, visto non puoi fare la WS?

CT: (risate) Anche se ho cinquantanni anni vorrei rifare il miglio sotto ai cinque minuti, ma con AJW non abbiamo ancora parlato di un rematch.

ST: Lui va per la fibbia dei dieci anni vero?

CT: Sì, quest'anno corre per la decima fibbia entro le ventiquattro ore come anche Erik Skaden. Penso sarà molto emozionante il loro arrivo, è un traguardo veramente incredibile. Allenarsi per lungo tempo per raggiungerla, passando attraverso giornate storte, infortuni e i problemi che tutti noi abbiamo... È veramente fantastico. Se penso che Tim ne ha venticinque, a volte stento a crederci.

ST: Credi veramente che AJW smetterà di correre la gara come annunciato per aiutare soltanto l'organizzazione?

CT: Sì, specie negli ultimi anni ha avuto parecchi infortuni, e ha corso per anni tre, quattro cento miglia dure l'anno, uno sforzo incredibile per il fisico.
Vuole il posto di John Medinger (Tropical John) come speaker della finish line, ma non penso glielo darò: è già rumoroso così senza amplificazione, terrorizzerebbe tutto il vicinato. Quest'anno John gli lascerà il turno tra le cinque e le sette del mattino, vedremo come va (risate).

ST: Craig, grazie mille, sei stato gentilissimo a raccontarci un po' della WS. Verrai in Europa per l'UTMB?

CT: Grazie a te Davide, è sempre un piacere per me parlare della gara e delle persone a essa legate. Sì, verrò, non a correre ma a vedere l'evento, e poi starò due settimane in vacanza con mia moglie nel sud della Francia. È la mia prima volta in Europa.

CT: Allora ci vediamo a Chamonix!

CT: Con grande piacere, un saluto all'Italia.

Spiritotrail 65 giugno 2014