Vita da scopa

di Ettore Pettinaroli

“Le scope? Solo un elemento di folclore, noi che siamo una gara seria non le abbiamo previste”. Non ho mai cancellato dalla mia mente questa frase, scandita nel corso di una conferenza stampa dall’organizzatore di un trail, per fortuna concluso senza incidenti. Così come non ho mai scordato gli applausi di approvazione di una (piccola) parte dei giornalisti presenti.

 

“Ma come è possibile”? Mi domando, ho fatto la scopa una decina di volte, sempre con la presunzione di essermi reso utile. Sono stato anche “cliente” delle scope. Ricordo, per esempio, la notte di gennaio in cui a un chilometro dal traguardo fermai Matteo e Flavio che mi stavano pazientemente scortando all’arrivo per ringraziarli: “Senza di voi mi sarei fermato da una vita. E invece eccomi qui”.

Le scope non solo servono, ma sono indispensabili. Ok, lo so, non ho detto niente di nuovo, ma evidentemente giova ricordarlo. E, per fortuna, molti organizzatori possono ormai contare su una sovrabbondanza di volontari che si offrono per questo servizio, come confermano Alessandra Nicoletti (patron del Tor des Géants e di tutte le corse VdA Trailers) e Vincenzo Bertina, che ha appena calato il sipario su una fortunatissima UTLO, che prevedeva ben quattro percorsi con 2.000 concorrenti al via.

“Sì, si offrono in tanti a noi tocca solo scegliere valutando sia le capacità sportive specifiche – capita anche che si proponga per questo ruolo chi non ha mai corso un trail – che la personalità, un dettaglio questo non di poco conto, visto che si tratta di accompagnare e aiutare persone che possono essere in difficoltà oppure gestire emergenze”, dice Vincenzo.

“Possiamo contare su tantissimi volontari che provengono dalle fila dei Courmayeur Trailers”, afferma la Nicoletti, “e su tanti amici anche provenienti da fuori Valle d’Aosta che hanno partecipato alle nostre corse. Il primo requisito è che conoscano bene il percorso e la zona in cui si disputa la gara, vie di fuga comprese”.

L’abbondanza di aspiranti scope sembra dunque un fatto. Lo si fa per dare una mano a un organizzatore amico, per trascorrere una giornata di trail senza dannarsi l’anima, perfino perché fa status. La passione però non basta: quello della scopa è un ruolo delicato e di grande responsabilità, che non può essere svolto (o affidato) alla leggera. Occorrono buona gamba (e fin qui è facile), lucidità, doti psicologiche e facilità di rapporti interpersonali, ma anche la capacità di saper usare correttamente la radio comunicando con poche parole – e con discrezione - ciò che serve davvero.

Fin qui tutti d’accordo, l’esperienza insegna però che le scelte degli organizzatori sull’impiego delle scope sono diverse.

“Ogni gruppo di scope dovrebbe percorrere al massimo 20/25 chilometri, garanzia di freschezza e reattività. Inoltre preferiamo che a ogni turno siano presenti almeno quattro persone, in modo da potersi dividere su più concorrenti o rimanere sempre in numero sufficiente anche in caso di emergenze che costringano qualcuno a lasciare il servizio, come succede se devono assistere concorrenti infortunati o accompagnare ritirati a un punto di recupero stabilito”, dice ancora Nicoletti. Diverso il pensiero di Vincenzo Bertina: “In linea di massima prevediamo per ogni coppia di scope un tratto di 40 km di servizio. Però abbiamo sempre a disposizione alcune riserve pronte ad affiancarle o a subentrarvi in caso di necessità contingente. Certo se una scopa ci chiede di coprire integralmente il percorso da 58 km e noi valutiamo che è in grado di farlo senza problemi, non lo vietiamo. Ma il piano B è sempre già preparato ”.

Le scope devono sbalisare oppure no? Ogni organizzatore ha la sua ricetta, qualcuno è costretto a rimuovere subito fettucce e bandierine per accordi presi con le autorità locali, altri lo fanno per scelta logistica: “Stiamo sempre molto attenti che nessuno rimanga dietro le scope con una serie di controlli spesso invisibili ai concorrenti, ma efficaci”, dice Nicoletti le cui scope si fanno sempre carico di ripulire il percorso in tempo reale. “Noi invece preferiamo lasciare tutto sul percorso, e rimuoviamo tutto nei giorni successivi. L’impegno è doppio, ma così siamo più tranquilli” spiega Bertina.

Ogni organizzatore serio provvede a stipulare una polizza assicurativa – anche RC – a tutela dei volontari impegnati nella manifestazione, quindi anche per le scope. Quello che però, nonostante l’esperienza e le raccomandazioni non si può prevedere al 100% è l’interazione tra scopa e “cliente”. Che, con tutta la buona volontà, non è sempre facile. Nel box che accompagna queste righe presentiamo aneddoti e storie vissute in prima persona.

 

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Gli amici delle scope: (tutti i nomi sono di fantasia, tutti i fatti sono realmente accaduti al sottoscritto)

 

La pipì della concorrente. Ok la privacy, ma che bisogno c’è di infrattarsi manco bisognasse nascondersi da un drone assassino? Chissà perché poi la legittima necessità si manifesta spesso nei primi chilometri quando la scopa è sempre vicina. E passa.

Una volta recuperata Francesca se l’è presa con noi: “Non si può nemmeno fare la pipì in pace”?

Consiglio per la concorrente: piazzati almeno in un punto dove puoi vedere passare le scope e nel caso caccia un urlo.

 

Non ti sopporto scopa. Per molti è proprio difficile ammettere di essere il più lento del gruppo. Per qualcuno è insopportabile. Katia ci vede e inizia a sbraitare: “Dovete stare ad almeno 200 metri di distanza da me”, “se all’arrivo sarete vicino a me mi faccio squalificare”, “Vedervi mi ha rovinato la giornata”. La tipa pur di seminarci non si è neppure fermata a un ristoro.

Consiglio per la scopa: non rispondere, rimanere dietro ma tenere il concorrente a vista. Innervosito terrà d’occhio le scope alle sue spalle invece di prestare attenzione alle balise (e infatti dovemmo riportare due volte la Katia sulla retta via).

 

Fuori di testa. La stanchezza riduce la lucidità e allenta i freni inibitori. A Marco, in piena crisi, provai a offrire qualche genere di conforto. “Le tue barrette infilatele nel…” fu l’affettuoso ringraziamento. Michele invece mi dedicò una accorata filippica perché “Uno di Milano non può fare la scopa su un sentiero a 150 km da casa”.

Consiglio per la scopa: stai zitto ma cerca di capire quanta lucidità rimane al concorrente.

 

Quelli che sbagliano strada. Caso frequente. Il concorrente va fuori percorso e solo al punto di controllo ti avvertono che ne manca ancora uno. La centrale operativa lo rintraccia al telefono e in qualche modo il concorrente viene recuperato. Ma è sempre incazzato, lui non ha sbagliato, è l’organizzatore che non ha messo le fettucce. Marco per autoassolversi sostenne addirittura che, come lui, se ne erano persi altri, costringendoci a ulteriori verifiche e perdite di tempo.

Consiglio per la scopa: non dirgli che lui è l’unico a essersi perso in quel punto.

 

Il ritirato timido. Caso, per certi risvolti pratici simile al precedente. Il tizio si ritira, telefona a casa e si fa venire a prendere senza avvertire gli organizzatori. La scopa rimane ferma al punto di controllo fino a quando questo non viene rintracciato, magari già a casa sua. Poi via all’inseguimento dei concorrenti in gara ormai lontani. Anche Silvano, organizzatore di trail, mi ha fatto questo scherzo. Per piccola ripicca personale non mi sono mai iscritto a una sua gara.

Consiglio per la scopa: nessuno. Ma se credente prenotare un appuntamento con il proprio confessore.

 

Il ritirato lento. È il caso più frequente e più legittimo. Il concorrente non ce la fa proprio più, decide di fermarsi. Lo accompagni fino al primo punto di recupero, ma poi devi cercare di raggiungere la coda della corsa. Che magari è mezz’ora (o più) avanti.

Consiglio per la scopa: non mettere ansia al concorrente, che comunque è in difficoltà. Ma non farsi prendere dall’ansia di dover raggiungere per forza l’ultimo “sopravvissuto” in poco tempo. La scopa chiude il percorso, non accompagna per mano.

 

Quello che dà ordini: “Parlami”. “Stai zitto”. “Restami vicino”. “Non starmi addosso”. “Fai tu il ritmo”. “Rimani dietro di me”. Li ho sentiti tutti e spesso la richiesta/esigenza si capovolge ogni due chilometri, anche meno e non sempre viene espressa con toni simpatici. Antonio in questo è stato un maestro. Sfinente.

Consiglio per la scopa: quando raggiungi un concorrente chiedigli subito come preferisce che tu interagisca (o meno) con lui. Le richieste diminuiranno.

 

Lento ma sereno. Altro caso frequente e magari fossero tutti così. Consapevole delle sue capacità lotta per passare il cancello anche confidando nella magnanimità della corte. Ci prova caparbiamente, ma senza fare drammi. E se ce la fa non nasconde la gratitudine.

Consiglio per la scopa: aiutalo a non perdere tempo prezioso (vietati i selfie ogni tre chilometri) incoraggialo, infondi fiducia, cerca di capire il suo punto forte e fagli dare il massimo in quel frangente.

 

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ERRATA CORRIGE

Su SPIRITO TRAIL n.107 dicembre 2017, pag.64 è stato indicato erroneamente come autore Diego Trabucchi al posto di Ettore Pettinaroli.

Ci scusiamo con i lettori e con l'autore per l'errore.

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