di Carla Putzu
Psicologa Psicoterapeuta e Neuropsicologa
@CarlaPutzuSportsPsychologist
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Nella vita di un atleta l'infortunio rappresenta un momento critico e complesso e costituisce un evento multifattoriale di tipo bio-psico-sociale che, come tale richiede un approccio di tipo multidisciplinare: tante e differenti infatti, le variabili implicate, cioè le funzioni fisiche, gli aspetti emotivi e i fattori cognitivi.
Il momento dello stop dovuto ad infortunio coinvolge diverse aree che sono interconnesse tra loro:
- l'area del benessere fisico, che riguarda il dolore, l'immobilità, cambiamenti funzionali o strutturali, siano essi momentanei o permanenti;
- l'area del benessere emotivo, che comporta la gestione delle emozioni e degli stati di attivazione negativi;
- l'area del benessere sociale e di ruolo, determinato dalla perdita momentanea di un ruolo sportivo, di un ambiente specifico e dalle relazioni con le persone implicate nel processo di guarigione;
- l'area del sé, intesa come gli aspetti di tipo cognitivo, la ridefinizione degli obiettivi, la percezione che viene a modificarsi rispetto alla propria immagine come sportivo e come persona, che si identifica con l'atleta, le distorsioni cognitive legate ai tempi di recupero e di stop, la percezione di autoefficacia.
Le risposte psicologiche, emotive e cognitive, relative all'infortunio sono legate in modo preponderante al senso di identità atletica: quanto più è forte l'investimento emotivo nell'attività in questione tanto maggiore saranno le implicazioni emotive nell'affrontare lo stop.
E questo è ancora più vero se l'atleta attribuisce la gran parte del senso di autostima ed efficacia, al fatto di essere uno sportivo, identificandosi quasi esclusivamente con questo aspetto della propria vita.
La possibilità di recuperare in modo proficuo dipende, quindi, non solo dalla guarigione fisica in senso stretto, ma dalla natura della disposizione psicologica con cui gli atleti affrontano le varie fasi dell'infortunio, della terapia, del recupero e del ritorno all'attività.
Gli psicologi dello sport hanno analizzato le caratteristiche psicologiche legate alle fasi di recupero dall'infortunio, cioè la fase acuta, la riabilitazione e la fase di ritorno allo sport, stabilendo cosa può essere necessario per aiutare gli atleti in ciascuna di queste differenti situazioni.
A questo proposito è stato verificato che, le emozioni e gli atteggiamenti nella fase immediatamente successiva all'evento critico, sono fortemente influenzati dalle valutazioni cognitive, ovvero dall'interpretazione degli eventi che la persona fornisce, che a loro volta determinano il modo di affrontare lo stress. Il punto fondamentale è che queste interpretazioni sono smontabili e modificabili, attraverso processi di ristrutturazione cognitiva e questo significa che è possibile cambiare il modo in cui le persone approcciano un problema.
Durante la fase propriamente riabilitativa, le forti emozioni negative della fase acuta possono ridimensionarsi: la motivazione intrinseca a migliorare e guarire è il fattore che maggiormente influenza l'aderenza al trattamento proposto, ma anche altri sono i fattori che incidono, come la tolleranza al dolore, la resilienza e la forza psicologica, la soggettiva percezione della gravità dell'infortunio, come quella di un adeguato supporto sociale e interpersonale. Anche i fattori situazionali incidono in maniera decisiva sull'aderenza al trattamento, tra cui la fiducia riposta nel trattamento stesso, la qualità delle informazioni ricevute rispetto all'intervento, la quantità di sedute di riabilitazione.
In sostanza è possibile affermare che atleti che dimostrano un atteggiamento positivo, ovvero fiducia nel trattamento e nel terapeuta, autostima ed autoefficacia nelle proprie capacità di recupero fisico, sicurezza che proviene dall'ambiente familiare e sportivo di riferimento, affrontano con predisposizione cognitiva ed emotiva più funzionale ed efficace il processo di riabilitazione, con un impatto decisivo anche nella fase di ritorno all'attività.