Questione attuale quanto delicata, che va a toccare non solo una legislazione non ancora chiara sull’argomento, ma anche la sfera etica di ogni singolo individuo è quella dei transgender nelle gare (di corsa come ogni altra disciplina sportiva).
Questo argomento che crea sempre una grossa spaccatura di opinione tra le persone è quanto mai attuale, o per meglio dire è ciclico, nel senso che ogni volta che un transgender ottiene dei risultati sportivi eccellenti torna alla ribalta su qualsiasi testata giornalistica.
Ciò che lo rende ancora più interessante e degno di essere affrontato è il fatto che la gara di ultrarunning più celebre e storica del mondo, la Western States, ha emesso un regolamento proprio su questo argomento.
Proverò in questo articolo, che sarà chiaramente breve e non esaustivo, a chiarire un paio di punti sull’argomento, scusandomi ovviamente sulla non completezza dello stesso con l’obbiettivo principale di far porre ai lettori delle domande su cui magari non si sono mai interrogati, nella speranza di un confronto intelligente sul tema.
Il perché della questione
Ciò che da sempre nella storia ha scatenato discussioni è la non chiarezza rispetto la categoria di appartenenza degli atleti transgender. In particolare i trans da uomo a donna, in quanto essi, grazie al diverso equilibrio di testosterone che hanno nel sangue, hanno delle performance in qualche caso migliori delle atlete donne biologiche, in particolare negli sport di potenza.
Ciò ovviamente ha spesso portato le atlete donne biologiche, arrivate dietro in classifica agli atleti trans, a reclamare l’ingiustizia. Dopo svariati casi e i primi anni in cui sostanzialmente si provava a seppellire opinioni e critiche, anche il CIO ha dovuto finalmente interrogarsi sull’argomento.
Uno dei casi più popolari di tutti per gli appassionati di corsa è ovviamente quello di Caster Semenya, la velocista e mezzofondista sudafricana già due volte campionessa olimpica e tre volte campionessa mondiale sugli 800 metri. Nella realtà dei fatti questo caso è un po’ diverso, pur essendo la matrice delle polemiche la stessa. La Semeneya è infatti una ragazza nata con un diverso sviluppo sessuale, ovvero i suoi livelli di testosterone nel sangue sono più alti nel normale: si parla infatti di iperandroginismo. Alla ragazza vennero infatti richiesti dei test medici per dimostrarne l’effettiva sessualità e venne riammessa alle gare.
Pur essedo questo caso non ancora archiviato, ovvero, la federazione internazionale di atletica leggera abbia chiesto all’atleta di assumere farmaci per abbassare il livello di testosterone nel suo sangue per poter gareggiare nuovamente con le ragazze. La sentenza, che rappresenterà un vero e proprio riferimento per altri casi similari, verrà emessa proprio tra qualche settimana, il 26 marzo prossimo.
Esistono tuttavia degli esempi ancora più lampanti sulla questione, ovvero quelli in cui un atleta è dichiaratamente transgender e gareggia nella categoria femminile.
Prendiamo ad esempio la recente questione della ciclista canadese Rachel McKinnon fresca vincitrice nel mondiale Master di ciclismo in pista a Los Angeles, la cui foto ha fatto il giro del web.
Fino al 2003 un atleta trans da uomo a donna poteva competere tra le donne solo dopo la dimostrazione di intervento chirurgico e terapia ormonale per almeno due anni, procedura che è cambiata. Già a durante le prossime olimpiadi di Tokyo, non è più necessaria la castrazione, quanto la sola dimostrazioni del livello ormonale nel sangue. Ciò ha scatenato di nuovo l’apertura della questione.
Dicevamo di Western States Endurance Run 100 Mile. Nel regolamento fanno sapere che la partecipazione alla gara è aperta ai transgender, nell’ottica di democraticità della gara e di inclusione di essi, come giusto, tra i partecipanti.
“To establish rules to encourage and facilitate the participation of transgender runners at WSER with the goal of ensuring fair and inclusive practices that respect the personal rights and dignity of transgender entrants while preserving the integrity of competition for awards and records based on sex.”
E aggiunge che:
“A male-to-female transgender entrant can register to compete as a female provided the runner has been undergoing continuous, medically supervised hormone treatment for gender transition for at least one year prior to the race.”
Ovvero che un atleta transgender da uomo a donna può competere nella categoria femminile se ha subito un trattamento ormonale medico di almeno un anno prima della gara.
Che si possa reputare giusto o no, va riconosciuto che l’organizzazione americana si è dimostrata ancora una volta all’avanguardia su un tema delicato e particolare, tema che in gran parte delle gare europee è ancora un tabù e viene relegato nell’ombra.
Il regolamento della Western a riguardo è a questo link
https://www.wser.org/transgender-entrant-policy/
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Essendo l’argomento molto delicato e toccando la sfera etica personale chiediamo toni pacati nei commenti; interventi offensivi verranno cancellati
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