A cura di Maurizio Scilla
Nuovo tempo di riferimento in Francia, su uno dei percorsi classici e più affascinanti, la traversata dei Pirenei seguendo il GR10. Protagonista il francese Erik Clavery, 40 anni, di Remouillé (Nantes) un atleta molto eclettico che negli ultimi 10 anni è stato protagonista a livello mondiale.
Nel suo palmares un titolo di Campione del Mondo Trail nel 2011, sesto e ottavo all’UTMB, due volte quarto al Grande Raid de la Réunion, campione di Francia nella 24 Ore, quarto ai Mondiali di 24 ore nel 2019, con 272,217 km (primato nazionale. Ricordiamo che il suo obiettivo 2021 saranno i Campionati del Mondo di 24H a Timisoara in Romania nel maggio 2021!).
Il precedente record sul GR10 era di Thierry Corbarieu, anno 2018, 12 giorni e 10 ore per lui. Clavery è partito il 5 luglio a Banyuls sur Mer sulla costa mediterranea ed ha completato la sua impresa a Hendaye sulla costa atlantica il 15 luglio dopo 9 giorni 9 ore e 12 minuti.
L’obiettivo dichiarato erano i 10 giorni, ma dentro di sé molto probabilmente sperava di chiudere l’impresa il 14 luglio, giorno della festa nazionale francese.
Molto probabilmente con una preparazione “normale” ce l’avrebbe fatta, invece come tanti runner ha dovuto affrontare il problema del Covid e quindi allenarsi per un lungo periodo solo sui rulli e tapis roulant. Anche una piccola distorsione alla caviglia sul Canigou nel primo giorno, che non ha dato problemi i giorni immediatamente successivi, ma che ha poi complicato i piani del transalpino nella fase finale.
860 km e 55000 mi di dislivello positivo, questi sono i numeri impressionanti, Erik ha percorso ogni giorno in media 91 km e 6000 m+. Ha dovuto combattere nei primi giorni anche con il caldo che era veramente fastidioso.
E ora qualche domanda per lui.
Erik, quali sono le prime parole che ti vengono in mente dopo questa impresa?
Innanzitutto voglio ringraziare tutti quelli che mi hanno sostenuto in questi lunghi giorni, mi avete trasmesso tante energie positive! Erano dieci mesi che preparavo quest’avventura, era un sogno e dico a tutti che bisogna provare a osare a realizzare i propri sogni, non c’è la certezza che si avverino, ma bisogna provarci! Sono contento anche perché questa cosa sosteneva l’Association Rêves, associazione che aiuta i bambini gravemente malati a realizzare i propri sogni)!
Come hai preparato questo “viaggio”, la cura dei piedi, la preparazione mentale e l’alimentazione?
Ho iniziato circa un mese prima a massaggiare e mettere delle creme toniche ai piedi, direi che è andata molto bene, quasi nessuna vescica, una sola unghia nera mentre nell’ultima 24 ore che ho corso ne avevo 7.
Per quanto riguarda la preparazione mentale, l’ho affinata in tutti questi anni di gare e di esperienze, è importantissima, durante questi giorni, ho potuto utilizzare tutti i mezzi che conosco per affrontare difficoltà, cali di ritmo e nei giorni precedenti ero già immerso in quello che mi aspettava, perché lo visualizzavo e lo sentivo vivo. Nelle salite, più erano ripide e più mi dicevo “c’est facile, c’est facile” ed è stato così. Ho messo anche a frutto tutte le mie conoscenze yoga. Per i sonni mi sono confrontato con diversi esperti nei mesi precedenti in modo di avere un approccio corretto, visto che mi piace dormire, ho optato quindi per circa 4 ore di sonno per notte, mentre durante il giorno mi concedevo un micro sonno di 20’. Per quanto riguarda l’alimentazione ho potuto approfittare di piatti liofilizzati studiati appositamente per questo tipo di sforzo, che mi hanno permesso di recuperare meglio.
Una domanda classica, qual è stato il momento più duro e quali i tratti più tecnici?
Sicuramente tutte le mattine, il momento del risveglio era terribile, un calvario, sei affaticato, ti svegli e non hai nessuna voglia di alzarti, detestavo quegli attimi. Ma non durava molto, dopo qualche metro, stavo meglio ed ero pronto ad affrontare la giornata. Ci sono due tratti da vertigini, uno in Ariege, ma l’avevo provato, quindi lo conoscevo, e uno nella zona di Gabas nella valle del Gave d'Ossau, dove ci sono delle corde fisse e quando sono passato pioveva ed era scivoloso. Poi anche alla Pierre Saint Martin, ero veramente provato, è stato un calvario. In genere ci sono “cailloux” (sassi) un po’ ovunque, in particolare nella prima parte.
Qual è il più bel souvenir che ti sei portato a casa?
È tutto bello, impossibile scegliere, ma di certo ogni alba e tramonto in montagna, sono uno spettacolo, in questo caso ancor più meritato, visto quello che stavo facendo. La prima volta che ho visto l’Oceano Atlantico ho pianto.
Come hai dormito in questi giorni e in quanto tempo pensi di recuperare questo sforzo?
Sono arrivato in piena notte e quindi ho dormito solo 5 ore, poi i giorni dopo 7/8 ore, ma ho sempre avuto un sonno agitato, svegliandomi e pensando di dover ripartire, pian piano mi riabituerò. Penso che nel giro di un mese mezzo dovrei essere a posto anche perché sia a livello muscolare che articolare non ho avuto grandi danni. Credo che dopo 3 settimane riprenderò la bici per delle uscite brevi di 30/40 km.
Lungo tutto il tracciato ha avuto tante persone che ti hanno accompagnato, ti ha fatto piacere o forse erano troppe?
Mi ha fatto un enorme piacere condividere con loro quei momenti, credo sia il ricordo più bello che mi sia rimasto! Ho trovato persone gentilissime che si mettevano a mia disposizione, non posso che ringraziarli!