Acido lattico

di Francesco Gentilucci

Conosco più persone che credono impossibile correre un’ultramaratona senza averci mai provato che quelli che ci hanno provato e non ci sono riusciti. Ogni problema sembra essere così enorme. Qualunque cosa guardata dallo stesso punto di vista sembra enorme. Ero ai piedi di una montagna con degli amici quando ho riscoperto la mia passione per la corsa. Guardavamo questa montagna dal basso, sdraiati su un prato, ed era enorme. La semplicità delle cose è così bella e spaventosa. Ero depresso senza correre, e non volevo ammetterlo. Mi adagiavo sul prato assieme a tutti gli altri e confermavo che la montagna fosse enorme, che andarci era difficile e inutile. Rimanevo fermo a chiacchierare con gli altri e prima di andar via davo ancora uno sguardo a quella montagna sopra la mia testa.

Un giorno semplicemente ho infilato le scarpe e sono andato ai piedi di quel bosco. Decisi che non sarei rimasto altro tempo sdraiato su quel prato, aspettando l’erba crescere per stare più comodo.

Ho sempre pensato che il rapporto con se stessi è importante almeno quanto quello con gli altri. Dialogare con se stessi è l’unico reale modo per conoscersi, il cambiamento è possibile solo se prima provi a cambiarti. Il più delle volte sei tu il problema di te stesso. È cosi nella corsa ed è così normalmente in ogni cosa, mi ripetevo. Correvo in su e in su ed ero sempre più felice. Continuavo a parlare con me stesso e più salivo più mi accorgevo che troppe volte si ha paura della semplicità.

Se pensi sia importante che l’aria non sia inquinata non usi un carro armato per andare in giro, ci vai a piedi. Se ami gli animali non li mangi. Se pensi che non riuscirai mai ad arrivare in cima forse dovresti ipotizzare di smettere di pensare e darci più dentro.

Ci misi tutto quello di cui ero capace, continuai a correre e salire. Ero in salita da un sacco di tempo ed ero esausto. Solo chi corre conosce quella sensazione. Quando il corpo dice basta e i muscoli sono a pezzi e continui ad andare. La boscaglia era fitta e mi fermai. Respiravo. Sudavo. Avevo le gambe a pezzi e non riuscivo più ad andare avanti. Era bellissimo. Mi guardavo attorno come se non fosse esistito altro. Ero capace di ridimensionare tante cose e di accorgermi che la felicità non si compra, è un processo lento e costante su cui bisogna lavorare, una goccia che scava la roccia. Ripresi a camminare piano. Provai e riprovai a correre, ma ero veramente distrutto. Cercavo di convincermi a non mettermi seduto, ma lo feci su una roccia poco distante e non me ne pentii. Guardai in su e la boscaglia era sempre fitta. Il sentiero continuava imperterrito in salita, fino ad andarsene dalla mia vista. Capii che non avrei raggiunto quella vetta, quel giorno.

Nessun albero cresce in pochi giorni.

Mi girai e lasciai andare le gambe in discesa,prima totalmente bloccate, e poi sempre più sciolte. Mi godevo l’aria in faccia ed ero diventato un po’ più leggero di quando avevo iniziato a salire.

Mi sentivo molto più leggero.