La partenza è incredibilmente asciutta, dopo soli 30 minuti dalla fine dei temporali, cero di corricchiare per non finire in fondo al gruppo, sempre facendo attenzione a non fare fatica. Stranamente sul primo sentiero in costa tutti bloccati, eppure il gruppo era già allungato, non so cosa sia successo, magari qualcuno sarà caduto per il fondo scivoloso.
Salita all'Arpy facile, invece il tratto fino al Deffeyese molto tecnico, con tratti attrezzati che hanno messo molti in difficoltà. Non riesco però a capire come si faccia a correre queste gare senza avere almeno un minimo di familiarità con l'alta montagna, molti rimangono letteralmente bloccati, capisco la prudenza ma.....
io stranamente ho molto sonno e approfitto delle pause per chiudere gli occhi, cercando però di non cadere nel burrone.
La discesa sui pietroni verso La Thuille è infinita, la conosco "al contrario" per averla fatta due volte al Tor (o forse non è la stessa) ma farla di corsa non è che sia meglio, arrivo già con la luce del sole, pastina veloce e subito fuori, addirittura correndo per riscaldarmi. L'aria è parecchio frizzante e non tolgo il guscio.
Il vallone di Yulaz all'inizio è bruttino, con anche strada asfaltata, però in alto diventa splendido, il cielo è terso e la visibilità infinita, sembra di poter toccare con mano il ghiacciaio del Bianco. Davvero bello!
Troviamo anche i primi nevai, i volontari hanno fatto davvero un ottimo lavoro, si possono passare senza ramponcini ma bisogna fare moltissima attenzione a quelli in traverso, una scivolata non è assolutamente permessa
. Mont Nix davvero splendido ma il tratto successivo, fino al Col De La Segne, credo sia davvero uno dei più belli che io abbia mai fatto in un'ultra. Un lunghissimo traverso, senza pendenze eccessive, in un paesaggio da favola, decido anche di provare a vincere il Pulizer per la fotografia. Passano i primi della 55, mi piacciono sempre molto questi "incroci" perché si ha l'onore di fare qualche metro in compagnia di questi grandi atleti, cercando di carpirne i segreti. Per non umiliarli decido di non tenere il loro ritmo e continuo leggiadro, godendomi la magia di questi luoghi, ristoro veloce con tè e macine, non tolgo ancora la giacca, il vento è ancora freddino.
Il tratto verso il rifugio Elisabetta è, al contrario di quello che pensavo, molto molto lungo, pieno di nevai che a me piacciono molto ma vado lo stesso un filo in difficoltà, forse il sole a picco, forse ho mangiato troppe poche macine, fatto sta che rallento parecchio. Il rifugio si vede ma si deve fare prima un lungo arco per raggiungerlo, peccato che quello che vedevo non fosse l'Elisabetta e nemmeno un punto ristoro
. Mi fermo comunque per cambiarmi in versione estiva. Corricchio ancora nonostante la nausea, il rifugio, quello giusto, è messo sopra un cucuzzolo al termine della discesa, un minivertical magari ideale per le ripetute ma molto antipatico dopo 60 km e migliaia di metri di dislivello. Provo ad andare in bagno e compro una coca (ai ristori solo pepsi), non va meglio ma riparto e mi faccio il tratto più brutto di tutta la gara, strada asfaltata e piatta in mezzo ai turisti, una noia già se stai bene, immaginatevi farla soffrendo sotto al sole.
Salita al Mont Favre a passo turistico, con molti che mi superano, rimetto le maniche lunghe perché il vento che arriva dal Bianco è teso, cerco di godermi il panorama ma non è che ci riesco tanto
arrivo al ristoro alle 18 circa, brodino guardando invidioso uno che si mangia un piattone di pasta, portatogli dalla fidanzata, e quelli della 55 che ripartono felici e veloci per l'ultima discesa.
Devo però continuare, siamo uomini o caporali???
Scendendo alla Brenva, posto orribile, accade il miracolo, il dio delle ultre premia sempre chi non si arrende, la nausea passa, tornano le forse e parte l'assalto alla Skyway, un muro, salgo bene di frequenza fino a metà e poi faccio l'errore di prendere un gel che mi rimette ancora lo stomaco in difficoltà. Uffa. Finalmente arrivo e decido di prendermi una lunga pausa, vado ancora in bagno, prendo una pasta e una coca, di solito funziona ma stavolta il piatto non riesco a finirlo. Intanto parlo con uno degli organizzatori, è preoccupato perché il gruppone è molto in ritardo rispetto elle passate edizioni. Stima almeno due ore in più all’arrivo. Alleggerisco lo zaino (ero forse partito con troppa roba, pensavo fosse il Tor) e riparto, comunque non proprio a 100
, dopo più di un'ora. Corro prudente ma senza fermarmi fino alla Val Ferrè, decido che non sono messo così male quando trovo un ragazzo che si vorrebbe ritirare. Adesso? Dai che il più è fatto! (Magari).
Faccio la salita al Bertone in buona compagnia, prima due ragazze che poi diventano tre, le attiro come mosche!
ammirando il Dente del Gigante che rimane illuminato quando invece tutto il resto del massiccio è al buio, cosa vuoi di più? Uno stomaco nuovo!? Sorpresona, il rifugio è chiuso, quindi niente polenta uncia, non mi resta che coprirmi bene con tutto quello che ho e salire insieme ai mie conati a vuoto.
Le donzelle (stabarde) se la sono svignata, altro che mosche
, da sole e faccio da single tutto il tratto fino al ristoro, il vallone era più bello al Tor, forse forse perché in discesa e con la luce del sole, comunque vada vado.
Il bivacco è bello nascosto, lo sapevo ma non abbastanza, la volontaria mi vede infreddolito e prima mi propone il riparo in plexiglass che però pieno di forme di formaggio puzzolenti, quando capisce che il mio stomaco rifiuta inderogabilmente mi fa accomodare di fianco alla pentolona del tè. Intanto che ci sono mi bevo un bicchiere con quasi 1,5 biscottini, lei intanto mi racconta di una concorrente che è arrivata mezz’ora prima in abbigliamento molto “succinto”, con le gambe viola dal freddo e al suo consiglio di vestirsi meglio le ha risposto che non ne aveva
.
Due donzelle su tre sono ancora lì e fanno il terribile errore di chiederle “adesso è tutta discesa?” “allora c’è un tratto in salita di 10 minuti e poi spiana va un po’ su e giù ma più giù che su. Poi si scende a Coumayour”. Allora, io voglio bene indistintamente a tutti i volontari e so che senza di loro col canzo che potremmo fare certe gare ma se il massimo percorso che avete fatto è stato il giro con l’oratorio, perché vi prodigate esperti di finali di gara???
Infatti dopo la prima discesa tecnica c’è la salita ma dopo c’è una discesa ripida che sarebbe stata faticosa anche dopo 5km, poi un tutto su e giù dentro e fuori da vallette strette e credo per evitare i nevai, ancora presenti, piccole deviazioni nel nulla con pendenze del 2000%, addirittura l’attraversamento di una cascata. Altra discesa ripidissima e non si vedono ancora le luci del fondovalle. Si va avanti solo di testa, sono talmente concentrato che non mi accorgo che non ho più la nausea, misteri delle ultre.
All’ultimo ristoro arrivo e chiedo “mi spiegate dove cazzo siamo???”,
non scherzo, ho completamente perso l’orientamento, eppure sti posti un po’ li conosco. Riempio una borraccia de maggico tè e riparto, obbiettivo mirabolante arrivare entro le 3, tanto per farvi capire come sia lento l’ultimo tratto di gara, il garmin stimava ancora l’una in Val Ferre, e non ho più perso posizioni…
Incredibilmente in paese c’è ancora qualcuno ad applaudire, grazie grazie grazie, brividi. Faccio anche il tempo a dare il cinque a due che sono da poco arrivati e avevano fatto lunghi tratti con me. La santa moglie mi aspetta, mi accompagna a recuperare la sacca, doccia e nanna.
Ho chiuso il trittico Tor Tordret Gtc (quaterna con l’arrancabirra) ma penso che questa sia di gran lunga la gara più dura, anche se con cancelli molto più laschi del Dret.
Organizzazione impeccabile. Bravi!