Milano 12 novembre 2018, abbiamo incontrato Kilian Jornet a Milano presso il negozio Sport Specialist e gli abbiamo chiesto prima di tutto come sta, quali i suoi programmi attuali e futuri...
Di seguito un'anticipazione dell'intervista, che pubblicheremo nella versione integrale su SPIRITO TRAIL di Dicembre.
Prima di tutto Kilian, come stai? Qual è il bilancio di questa stagione un po’ rocambolesca?
Bene dai, posso dire che è stata una buona annata. Non sapevo come sarebbe andata dopo l’operazione, ma alla fine sono stato bene e ho avuto dei buoni risultati.
Avevo deciso di operarmi alle spalle per risolvere dei problemi ricorrenti. Dopo essere ritornato alle competizioni ho subito una frattura alla gamba durante la Pierra Menta (si vede che sto invecchiando!), per cui non avevo alcuna aspettativa per la stagione estiva. Invece sono arrivati dei risultati positivi ed è stato piacevole.
Adesso ho un paio di settimane di riposo praticamente totale prima di riprendere la stagione sciistica invernale: siamo partiti dieci giorni fa da Bangkok per una sorta di giro del mondo di eventi con stampa e sponsor e non è ancora finita.
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Che cosa è successo quella notte sull’Everest?
Era la mia seconda salita nel giro di pochi giorni: la prima volta ero arrivato in vetta, ma ero stato male di stomaco e avevo avuto dissenteria, per cui avevo sofferto tanto. L’ultimo giorno prima di ritornare a prendere l’aereo ho fatto un ultimo tentativo perché mi sentivo bene. La progressione è stata buona fino in cima, anche se sono stato più lento del previsto e sono arrivato con il buio; fisicamente ero a posto e sentivo di avere ancora un margine di sicurezza.
Sulla via della discesa però è accaduta una cosa strana: l’ultimo ricordo che ho è di aver recuperato lo zaino in un punto in cui lo avevo lasciato salendo, alcune centinaia di metri sotto la cima, poi i ricordi si interrompono e riprendono quando mi ritrovo su una parete dell’Everest, senza sapere esattamente quale. Non è stato bello, perché era notte e non sapevo in che direzione mi ero allontanato dallo sperone della via normale; non sapevo assolutamente in che direzione andare per recuperare la traccia corretta.
Con un briciolo di lucidità mi sono fermato ed ho deciso di fermarmi ad aspettare il giorno e poi mi è anche venuto in mente di ricercare sul GPS la traccia della salita della settimana precedente, cosa che mi ha permesso di orientarmi e di ritrovare la via di discesa. Al campo base si sono spaventati molto perché non avevo radio né telefono e non avevo modo di dare loro notizie.
Successivamente, con i medici, abbiamo ricostruito la vicenda e concluso che il mio “blackout” è stato causato da scarsa idratazione e alimentazione. Nelle trenta ore circa di questa seconda scalata, ho mangiato in tutto quattro o cinque gel e bevuto poca acqua; probabilmente il mio fisico era ancora debilitato per la dissenteria della settimana prima e la mancanza di acqua e glucosio ha dato problemi al cervello.