LUCA JANNUZZO “CONVIVERE SPORTIVAMENTE CON IL DIABETE”

Intervista di Maurizio Scilla

 

La scorsa settimana ho avuto occasione di fare una lunga chiacchierata con Luca Jannuzzo, atleta ventunenne torinese, che solo da un paio di anni ha iniziato a correre alternando la strada con il trail.

Luca non poteva che essere un appassionato di sport, visto che è figlio di Chiara Bertino (ultratrailer con diverse vittorie, che ha vestito anche  la maglia azzurra ai Mondiali Trail di Penyagolosa nel 2018) e Stefano Jannuzzo (4 volte finisher al Tor des Geants). Luca sin da ragazzino ha avuto una vita sportiva e agonistica, praticando sci alpino e volley, poi la svolta in direzione “corsa”. In questo articolo vogliamo evidenziare il fatto che Luca sia diabetico e che la “corsa” lo aiuti a stare meglio.

 

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Quando hai iniziato a correre e che benefici ti ha portato la corsa?

Ho iniziato a correre nel 2020 per un semplicissimo motivo: smaltire quei due o tre chiletti che molti di noi avevano messo su per colpa di questo cavolo di virus. Partivo da casa per farmi dei bei "lunghi" (era il periodo del “massimo 200 mt dalla propria abitazione”) da 4/6 km. Mai avrei immaginato di arrivare poi a correre come adesso, con una media settimanale ormai stabile sugli 80/90 km. Molti  erano i motivi che mi spingevano a prendere e partire: la soddisfazione fisica, il fatto che miglioravo di giorno in giorno e i “miracoli” di questo sport sulla glicemia.

Essere diabetico e praticare sport di “fatica” come si conciliano? Immagino l’alimentazione abbia la sua importanza?

Il fatto di essere diabetico di tipo I da ben 12 anni mi ha permesso di fare una certa esperienza in questo campo, quando parliamo di gestire la fantomatica “curva” glicemica durante l’esercizio fisico. E come la corsa, la bici, la camminata, lo sport aerobico in generale, voglio essere sincero, non c’è proprio nulla di paragonabile. Arrivavo da sport di potenza, anaerobici per i palati fini, come lo sci alpino e la pallavolo. Accomunati dal fatto che facevo molta fatica a gestire la glicemia. E poi così, di botto, senza senso (come direbbero in una delle mie serie TV preferite) arriva la corsa. Ed ecco che i valori migliorano e gli esami pure. Il corpo sta meglio. E questo non vale solo per me, ma per tutti; solo che un non diabetico normalmente non se ne accorge, lui ha un sistema che funziona perfettamente e quindi potrebbe mangiare male muovendosi poco senza alcuna ricaduta. Io invece lo noto, osservo e vivo le conseguenze (positive e negative) del mio stile di vita attraverso la glicemia. E qui con “stile di vita” mi riferisco allo sport che pratico, ma anche all’alimentazione che seguo. Non una dieta restrittiva, cerco semplicemente di mangiare sano. E faccio attenzione al pre-gara ed al post-gara, per avere energie sufficienti per affrontare il “trauma” fisico (perché la gara lo è a tutti gli effetti) ed il recupero.

 

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Cosa ti senti di dover/ voler trasmettere con il tuo esempio?

Con l’esperienza che mi porto dietro vorrei essere un esempio non soltanto per tutti quei ragazzini diabetici che fanno fatica a fare sport perché hanno questa "zavorra" della glicemia da portarsi dietro; ma anche per tutte quelle persone apparentemente sane come dei pesci che però nascondono dietro ad un corpo che funziona bene, che “maschera” gli sbalzi glicemici, uno stile di vita non salutare.


Hai già avuto buoni risultati sia nel trail (secondo posto all’Eolo Campo dei Fiori, al Trail Monte Soglio Giir Vulei  e Trail Monte Casto 20 km, secondo italiano e quindicesimo assoluto alla YCC), sia nella corsa su strada, sei in continuo miglioramento, cosa ti aspetti da questa stagione?

L’obiettivo delle gare in arrivo è ovviamente quello di continuare su questa scia, magari cercando di arrivare sul gradino più alto ed ambito del podio. Ma prima di tutto si punta ad andare più forte e a misurarsi sempre più da vicino con i “big” della corsa in montagna. Gare in programma? Se parliamo di montagna Mottarone, Soglio, Oasi Zegna, Premana, Casto e così via. La prossima sarà il Mottarone, in programma il 6 di maggio. Dopodiché Soglio, il 26. Non vedo l’ora!  Su strada invece quest’anno punto ai 10 km in 32’30” (pensa che quando ho iniziato a correre avevo un PB di 52’!) e alla mezza sotto 1h12’.

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Come concili i tuoi studi con l’impegno degli allenamenti? Quali sono i tuoi sogni?

Sono uno studente di medicina. Sono al terzo anno di università qui a Torino, e riesco a conciliare gli allenamenti di corsa di tutti i giorni (qualche volta doppio allenamento di corsa e palestra ed arrampicata come hobby) con l’università. Dopo la laurea il mio sogno sarebbe quello di studiare la diabetologia e le malattie del metabolismo. Magari con qualche sfumatura di dietologia, nutrizione sportiva e gestione della glicemia durante l'esercizio fisico. Sarebbe bello seguire squadre di atleti diabetici, in Italia abbiamo qualche giovane squadra ciclistica di professionisti. Anche se lo ammetto, il sogno più grande sarebbe quello di trovare una cura definitiva per questa condizione, lavorando quindi come ricercatore. Tornando a parlare della mia doppia vita di studente e corridore ogni tanto faccio fatica, lo ammetto. Spesso mi porto il baracchino dietro (che poi è un “baraccone”, se dopo mi toccano le ripetute a 3’/Km), spesso devo organizzare le cose con molto anticipo, ogni tanto corro ad orari strani (ricordo una volta alle 4 di mattina!). Ma è questo il bello dello sport che pratichiamo, piace così tanto che questi sacrifici, piccoli o grandi che siano, si fanno volentieri. Ci fanno stare bene e ci aiutano a stare meglio nei momenti più difficili. Ci fanno diventare più maturi e ci formano per il futuro. E poi, soprattutto, ci rendono unici nel nostro genere.

 

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